I vini tedeschi sono come certi potenziali partner: attraenti e irresistibili, ma estremamente criptici, per cui tu non capisci mai se e quanto siano dolci, e perché non scrivano mai per primi.
A complicare le cose, un sistema di classificazione che ci portiamo dietro dagli anni Trenta dell’Ottocento e che si affianca a quello, comune a tutta l’Unione Europea, impostato sulla provenienza.
La classificazione dei vini tedeschi: con le migliori intenzioni
Molte persone confondono i vari termini che appaiono sulle etichette dei vini tedeschi e non sanno cosa aspettarsi, perché la classificazione tedesca mira, idealmente, a fornire informazioni il più possibile precise, ma finisce, in pratica, con l’incasinare le cose, perché ogni termine rimanda a un contesto che per il consumatore moderno – specie se non conosce la lingua e non si può neppure aggrappare al significato – non è più intuitivo.
Si è perso, insomma, il legame immediato tra principio fondante della classificazione dei vini e termini che ne esprimono i diversi gradi.
Cerchiamo di recuperarlo e di ricordare una volta per tutte la scala dei Prädikatswein, che – ogni tanto una gioia – vale sia per i vini tedeschi che, con minime variazioni, per quelli austriaci.
La classificazione per peso del mosto
Prima cosa da sapere: la classificazione del vino in Germania si basa sul peso del mosto alla vendemmia.
In altre parole: la quantità di zucchero negli acini quando raccogli l’uva.
La scala dei predicati – cioè i termini che specificano la natura di un Prädikatswein – non indica il grado zuccherino del vino finito.
E basta?
No, c’è anche una classificazione geografica, definita nel 1971 e recentemente resa più organica (ne parleremo).
Seconda cosa da sapere: come si classifica il vino in Europa.
Ci sono fondamentalmente tre macrogruppi:
1) il vino senza indicazione geografica (l’etichetta ti dice solo di che paese è)
2) il vino con un’indicazione geografica (in Italia è l’IGP/IGT)
3) il vino con l’indicazione di una provenienza più specifica e culturalmente rilevante (le nostre DOC e DOCG)
Terza cosa da sapere: come questo si traduce in Germania.
Letteralmente: metà del casino lo fa la lingua, ma – poverini – in fondo sono come noi!
1) il vino senza indicazione geografica = Deutscher Wein (da uve cresciute in Germania)
2) il vino con un’indicazione geografica = Landwein (da uve di quel Landwein; pensatelo come IGT)
3) il vino con l’indicazione di una provenienza più specifica = Qualitätswein, proveniente da una delle 13 regioni vinicole designate, che si chiamano Anbaugebiete (plurale; singolare Anbaugebiet. Pensatelo come DOC).
3.1) il vino con l’indicazione di una provenienza più specifica, però più figa = Prädikatswein, proveniente da uno dei 40 distretti vinicoli, detti Bereiche (sing. Bereich; pensatelo come DOCG: da una zona più ristretta e con un disciplinare più rigido).
Come nel resto d’Europa, non basta “provenire” da una certa zona: ogni livello implica diverse, via via più stringenti, linee guida per la produzione.
Classificazione + etichettatura = scala dei predicati nei vini tedeschi
Una di queste linee guida si riflette nella gerarchia di alcuni vini e appare sulle loro etichette.
I Prädikatswein si distinguono, come dicevamo, per il peso del mosto alla vendemmia, e assumono, per questo, definizioni aggiuntive.
“Predicato” è inteso precisamente come “apposizione”.
Non è l’unico aspetto della produzione che distingue i Prädikatswein dagli altri vini, ma è quello che ha conseguenze più evidenti sul vino e sulla sua percezione da parte del consumatore, oltre che essere il più rilevante culturalmente per i tedeschi, che classificano il vino in base al peso del mosto, come dicevamo, dagli anni Trenta dell’Ottocento: praticamente da prima di essere una nazione!
Dal più leggero al più pesante, col significato che non ve lo farà scordare mai più, la scala del Prädikatswein è la seguente:
Kabinett
Kabinett vuol dire esattamente gabinetto, nel senso di “stanza privata”, non di “cesso”. La stanza privata è dove conservi le cose, il Kabinett è il primo dei vini che puoi conservare grazie alla sua concentrazione.
La concentrazione di zucchero alla vendemmia fa sì che questi vini possano risultare, a seconda di quanto il produttore ha lasciato trasformare lo zucchero in alcol, da secchi a semidolci.
In termini di residuo zuccherino, parliamo di vini che possono avere addirittura 45-50g/l (circa) o non averne affatto.
nota pedante: tutti i vini hanno almeno un grammo di zucchero residuo, spesso arrivano a due o poco più, ma entro questi valori non è percepito al palato; entro i quattro/cinque grammi per litro, se l’acidità è sufficientemente alta, il vino ha ancora un sapore secco; oltre, può capitare che il vino sia percepito secco, ma è più raro, è giusto il caso dei Riesling tedeschi.
Spätlese
Per andare sul sicuro e avere un bel mosto pesante, tutto sommato basta aspettare, quindi lo Spätlese è quello vendemmiato tardi (infatti vuol dire “vendemmia tardiva”).
Anche questi vini possono essere da secchi a semidolci.
Auslese
Però, già che ci sono, posso scegliere solo i grappoli più maturi, così ho un mosto ancora più pesante.
Guarda caso, Auslese vuol dire selezione (sott’inteso: dei grappoli… sto pur sempre vendemmiando, mica sarà un casting di modelle, no?).
Anche l’Auslese può essere da secco a semidolce?
No, peggio! L’Auslese può essere da secco a dolce.
Il mosto dell’Auslese presenta quella giusta quantità di zucchero che non è troppo poca per risultare in un vino completamente dolce, né troppa per non essere sviluppata completamente.
Come fai a sapere se un Auslese è secco, dolce o una via di mezzo?
Non puoi, se no non ci sarebbe confusione sui Prädikatswein e non staresti leggendo qui.
Alcuni produttori, soprattutto in Mosella, dove i vini “non secchi” sono più comuni, hanno studiato un codice segreto per comunicare al consumatore lo stile che si deve aspettare.
Il problema è che il codice è talmente segreto che la maggior parte dei consumatori non lo conosce, però poi ti fa sentire tanto figo esserne il depositario, quando te lo rivelano. Di solito si basa sul colore e/o sulla lunghezza della capsula, ma dipende dal produttore. Sostanzialmente, bisogna chiedere o andare a culo.
Alcuni produttori fanno gli originali e scrivono in etichetta “secco” (trocken), “semisecco” (halbtrocken), “semidolce” (leiblich) e “dolce” (süss) in etichetta, ma credo che siano guardati con diffidenza dalla comunità enologica locale.
Beerenauslese
Se voglio un mosto ancora più pesante, prendo solo gli acini più concentrati, non tutto il grappolo.
Faccio un sacco di passaggi in vigna – pazienza se ci vuole un sacco di tempo e lavoro – e “becco via” solo gli acini che voglio, compreso qualcuno con la muffa nobile, se capita.
Beerenauslese è la selezione degli acini.
Perfino i tedeschi sanno di avere una lingua cornuta e lo abbreviano BA.
Trockenbeerenauslese (TBA)
Ma io lo voglio pesante come Thomas Mann, e prendo solo gli acini molto disidratati (spoiler: trocken vuol dire “secco”, anche nel senso di “asciutto”, “senza acqua”, non solo nel senso del sapore).
Affinché siano tanto asciutti da raggiungere il peso minimo per questa categoria, gli acini devono essere stati attaccati dalla fantomatica botrytis cinerea – aka “muffa nobile” – che ha anche un effetto sul profilo aromatico.
La figata è che, anziché puzzare di muffa, il vino profuma di marmellata di arance; per questo lo producono e costa tantissimo: è buono da piangere, ma sfortunatamente richiede un sacco di lavoro, si rischia di buttare tutto se il tempo non tiene, ne viene pochissimo.
Però è buono da piangere e lo vendono lo stesso.
Perché è buono da piangere.
È finita qui?
No, nel 1982 si è aggiunto l’Eiswein.
Inoltre, l’Austria ha anche il “livello” Ausbruch. Ne parleremo.
Capito tutto?
Scrivimi o commenta se ancora qualcosa non è chiaro!
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